Fare attenzione alla realizzazione personale dei propri dipendenti non è un lusso, è una necessità.

Ce lo dice la psicologia.

Prendiamo due teorie a riguardo, la Self Determination Theory e la teoria dei bisogni di Maslow.

Secondo la prima teoria, i lavoratori hanno 3 bisogni psicologici fondamentali:
– competenza (sentirsi capaci di fare le cose);
– autonomia (bisogno di ownership);
– relazione (senso di appartenenza).
La loro soddisfazione garantisce performance di qualità, alta motivazione e benessere.

La piramide dei bisogni di Maslow sottolinea invece la necessità di aiutare le persone a raggiungere un senso di appagamento e auto-realizzazione, facendo fiorire le proprie competenze.

Un’azienda potrebbe valorizzare i suoi dipendenti attraverso la valutazione di attitudini, talenti e personalità e indirizzando le persone sulla strada giusta per loro.

La ricerca mostra che questi fattori sono influenzati dalla cultura aziendale e dallo stile manageriale.

Facciamo un esempio pratico:
Una persona che viene assunta in un ruolo molto specifico viene subissata di urgenze, richieste del capo anche nei weekend e in orari extra-lavorativi, e finisce presto per allontanarsi dai suoi compiti “core” e dai suoi interessi perdendo il work-life balance.
Presto, inizia a svolgere i propri compiti per senso del dovere, senza passione, senza interesse, arrivando a sentirsi depressa e sviluppando sintomi di burnout.

Questa persona, che è entrata in quiet quitting, un giorno decide che non ne può più e prende la sua strada. Chiama l’amministratore delegato e dice: “Ciao azienda, io me ne vado”.

Questa cosa si ripete in un anno almeno dieci volte, e l’azienda continua a perdere impiegati in ruoli chiave.

[Guarda la mia intervista su questo tema per RTL 102.5]

Si viene presto a scoprire che l’azienda non ha un reparto dedicato alla crescita personale e professionale dei dipendenti (gli HR fanno solo payroll) e che i manager hanno scarsa intelligenza emotiva.

C’è da stupirsi dell’emorragia di talenti?

Eppure molte, troppe aziende, continuano a guardare solamente al budget: quanto costa questo dipendente, quanto costa quello, quanto mi fa guadagnare?
E considera l’investimento sui propri dipendenti attuali come un costo insostenibile.

Così il tessuto imprenditoriale e sociale si indebolisce sempre di più.

Una recente indagine Randstad sostiene che i millennials nel lavoro cercano sempre più realizzazione personale e work-life balance e valutano questi fattori più importanti dello stipendio.

Con il ricambio generazionale, le aziende dovranno tenere sempre più in considerazione l’aspetto psicologico e gestire il personale con intelligenza emotiva. Il rischio – e il VERO costo – sarà trascurare questa dimensione in favore di ragionamenti di budget.


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