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Cara catastrofe. Per gestire le emozioni dobbiamo fare surf

Le cose accadono. A volte si tratta di coincidenze positive che migliorano la vita, altre volte invece gli eventi ci travolgono. Per non farci travolgere dalle emozioni dobbiamo… fare surf

Tutta questa storia del Coronavirus finirà, prima o poi. Però non sarà una cosa breve. Le cose non torneranno alla normalità prima di diversi mesi. Che stato d’animo avremo quando usciremo di casa per prendere di nuovo la metro? Cosa proveremo andando a un aperitivo, facendo la spesa, o nella folla durante un concerto?

Come saremo tra un anno? E tra cinque?

Di sicuro l’epidemia lascerà cicatrici. Nessuno ci risarcirà di questi giorni persi, chiusi in casa con la paura. E intanto che cosa ne facciamo di questi pacchi di ansia, stress e angoscia che abbiamo trovato all’improvviso davanti alla porta di casa?

Accettare per digerire

“Accettazione” è la parola fondamentale per affrontare gli episodi difficili della vita, come lutti, emergenze, situazioni complicate. Nel caso del Coronavirus, per accettare questa realtà dobbiamo digerirla.

Aver perso la solita routine, il lavoro, o i propri cari, comporta da parte di ognuno una digestione più o meno impegnativa della nuova normalità. Alcuni affrontano solo una sospensione delle proprie attività e non vivono con particolare fatica questo momento.

Altri invece stanno perdendo molto di più: soldi, salute, persone amate. Come si fa ad andare avanti di fronte a traumi del genere? Come si riprende in mano la propria vita in un momento come questo?

– Leggi anche i miei articoli per La Finestra sulla Mente. Ad esempio: Come gestire l’ansia con gli esercizi di respirazione.

Fare surf con le emozioni

Quando accettiamo le emozioni, queste svolgono la loro funzione senza danneggiarci. Se invece le blocchiamo fuori da noi, o se le ignoriamo, le emozioni torneranno con più veemenza, provocando conseguenze negative. Immaginate l’ansia e le altre emozioni come onde e voi come i surfisti. Quando l’ansia chiama dobbiamo prepararci, prendere la tavola e farci portare a riva, al sicuro sulla terraferma. Se ignoriamo l’onda veniamo travolti. Se mettiamo la testa sott’acqua rischiamo di essere trascinati sul fondo. Diamo invece all’ansia la possibilità di “portarci a casa”. L’ansia viene per mobilitare le nostre risorse e farci preparare ai pericoli, non ha senso eliminarla.

La chiave è non aver paura delle emozioni. Non è, ad esempio, la paura a fregarci, ma la paura di avere paura, che genera una paura di secondo livello. E questo vale per ogni emozione che temiamo. Se allontaniamo la tristezza, quando questa arriverà saremo tristi e spaventati. Se cerchiamo di sopprimerla diventeremo tristi, spaventati e arrabbiati. Si crea un circolo vizioso da cui diventa davvero difficile uscire…

Dopo la catastrofe conta l’atteggiamento

Come reagiamo alle difficoltà? 

Di fronte a crisi economiche, perdita del lavoro, epidemie, morte dei nostri cari, pensiamo “queste cose sono terribili e non devono accadere”. Però le cose accadono, che lo vogliamo o no. Non ha senso quindi colpevolizzarsi e giudicarsi, perché possiamo agire solo nel perimetro delle nostre possibilità. Quello che possiamo fare invece è essere vivi. E fare surf. Usare il tempo che abbiamo a disposizione nel miglior modo possibile e non vivere in balìa delle onde.

Accettare l’idea della sofferenza, della fatica, della morte e lasciare che queste emozioni modellino la nostra storia, che è unica, con i suoi momenti buoni e quelli più dolorosi.

È difficilissimo. Stare male, essere tristi, provare ansia. È dura. Ma sporcarci le mani con queste emozioni è l’unico modo per elaborarle e vivere in modo pieno.

Non possiamo evitare di soffrire, o di avere ansia e paura, ma non dobbiamo farlo più del necessario. Prima troviamo un senso alle cose, prima usciremo dalla sofferenza. Possiamo tollerare e superare ogni emozione negativa con la pratica dell’accettazione e con un atteggiamento costruttivo.

Ci riusciamo se sappiamo come si fa. 

Le strategie di coping

Di solito di fronte ai problemi utilizziamo strategie che definiscono il nostro stile di adattamento alla realtà. Queste azioni si chiamano strategie di coping (dall’inglese cope, “fare fronte”) e possono essere raggruppate in modo molto schematico in tre categorie, a seconda dell’obiettivo su cui si focalizzano:

Le strategie di coping centrate sull’evitamento inducono ad allontanarsi dal problema, a ignorarlo, a fare finta che non esista. Se questa fuga può essere utile nel breve termine, perché rassicura, diventa invece disadattiva sul medio e lungo periodo, perché i problemi si accumulano e poi vanno “spalati”.

Il coping sulle emozioni ha sfaccettature sia positive che negative: può essere positivo se permette di contenerle in modo efficace, mentre diventa negativo se impedisce di mettere in atto azioni concrete e consiste solo nel piangersi addosso.

Il coping centrato sul problema è il più efficace, perché permette di orientare le proprie risorse psicofisiche nella ricerca di soluzioni e nuove possibilità. L’accettazione è fondamentale nell’affrontare i problemi, perché se non ascoltiamo le emozioni, queste continueranno ad andare fuori controllo, impedendo la ricerca di soluzioni adeguate.

Se adottiamo un atteggiamento costruttivo, in ogni crisi possiamo reinventarci, trovare nuove opportunità e uscirne bene, o quantomeno rimarginando le ferite. Più superiamo gli stress, più diventiamo forti e capaci di affrontare nuove sfide. È il concetto di crescita post-traumatica, l’idea per cui dopo ogni trauma affrontato con successo aumenta la resilienza individuale.

Accogliamo le emozioni e loro ci guideranno, come hanno sempre fatto nell’evoluzione della specie. 

Lasciamo entrare la paura, la tristezza, l’ansia. Facciamo spazio. Dopodiché iniziamo a ragionare: cosa posso fare?


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